Spensi violentemente il televisore, togliendogli la corrente, alla prima inquadratura dell’irritante presentatrice bionda del pomeriggio. Per non fare nomi.
Maria DeFilippi. Per farne.
“C’è del prosciutto?” chiese mio fratello.
“Che ne so, guarda.”
Non mosse un dito. Ormai era seduto; ciò significava che fino a che non avesse finito di mangiare, con ogni probabilità, non si sarebbe alzato. Era fatto così, a tavola non faceva mai nulla, eravamo sempre io e la mamma ad alzarci. Peccato, perché di prosciutto ce n’era.
“Ieri sera sono stato in un posto dietro Buenos Aires,” attaccò “Che metteva su musica figa, misto indie, elettronica.”
“Quello nuovo che hanno appena aperto?”
“No, no, c’è da un po’ di anni; l’Atomic,” rispose “E pensavo di esserci già stato con dei miei amici tempo fa. E invece no! Era un altro. Non capirò mai che posto fosse.”
Sarà, pensai.
I suoi aneddoti sono spesso inconcludenti, ed ero abituato a non farci troppo caso, per cui tirai fuori le pizze e le schiaffai sui taglieri di legno tondi che usavamo solo in queste occasioni.
“Ma le hai fatte insieme?”
“Sì, non c’avevo sbatti.”
“Così vengono gommose.”
“Eh lo so, va be’, non avevo voglia di aspettare.”
Probabilmente precisò meglio in che modo venissero gommose, ma non mi ricordo; e a dirla tutta non sono nemmeno qui per parlavi di mio fratello; cioè, se vi interessa venite a conoscerlo, non rompete le palle a me, cristo. Sono qui per raccontarvi quello che successe dopo. Credo che sia importante. Una di quelle cose che a ricordarla vi viene in mente un determinato periodo della vostra vita. Che so, le vacanze di natale da bambino, l’estate della terza media, la maturità. Quei periodi che rimpiangerete per tutta la vita, perché senza troppo rendervene conto stavate passando i momenti più belli di sempre.
Okay, allora prima riassumiamo; vediamo se avete colto i punti più importanti: era primavera, la stagione più figa di sempre; era il mio ventesimo anno di vita, e non ne ero così entusiasta; avevo una leggera tendenza alla misantropia e un complesso di superiorità ben radicato, costantemente alimentato e accudito; era il mio primo anno di università, e stava andando piuttosto bene; ci trovavamo a Milano, vero centro nevralgico italiano, pieno di figli di papà, benpensanti, radical chic, sognatori illusi, sognatori disillusi, gay, lesbiche, ricchi, ricchi annoiati, ricchi che dissimulano, poveri, straccioni, nobili di ‘sto cazzo, preti, bambini viziati, tredicenni puttane e ventenni suore, idioti, idioti antropomorfi col booster, universitari e universitari parcheggiati, secchioni, bocciati, gente col culo coperto e gente che la prende nel culo, centinaia di peccatori e decisamente nessun santo.
Si era creato un equilibrio tra forze talmente stabile, che eri sicuro che niente sarebbe mai successo. E non succedeva. Non succedeva mai niente. È per questo che la mia storia è così importante. Perché che succeda o meno qualcosa, noi ci siamo, noi viviamo e inevitabilmente moriamo. La storia se ne frega di noi.
Però…
[continua…]